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Nel caso di contabilità in nero possibile il sequestro preventivo durante le indagini preliminari

Nel caso di contabilità in nero possibile il sequestro preventivo durante le indagini preliminari

Il Tribunale pronunciava ordinanza con la quale rigettava la richiesta di riesame proposta da un imprenditore avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari per il reato di infedele dichiarazione a seguito della scoperta di una contabilità non ufficiale.

Le attività di polizia giudiziaria descrivevano analiticamente e valutavano la sussistenza del fumus commissi delicti, riscontrata anche attraverso gli accertamenti bancari.

Il contribuente ricorre in Cassazione affidandosi a due motivi, che la Suprema Corte non accoglie.

Per la Suprema Corte, le garanzie previste dal codice di procedura penale non scattano nella fase cautelare, che è ben distinta dal giudizio di merito.

Nella fase delle indagini preliminari, che è volta a verificare la fondatezza della notizia di reato, non sono richieesti gravi indizi di colpevolezza, ma il giudice cautelare deve valutare la sussistenza del fumus commissi delicti al fine di disporre il sequestro preventivo.

Parole chiave: accertamento - contabilità in nero - indagini preliminari - sequestro preventivo - ammissibilità - sussiste Studio Tributario Graziotto

DECRETO LEGISLATIVO 28 luglio 1989, n. 271

Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale

Vigente al: 8-7-2016

Art. 220 - Attività ispettive e di vigilanza

1. Quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale sono compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice.


DECRETO LEGISLATIVO 10 marzo 2000, n. 74

Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto

Vigente al: 8-7-2016

Art. 4 - Dichiarazione infedele

1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, è punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:

a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centocinquantamila;

b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro tre milioni.

1-bis. Ai fini dell'applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.

1-ter. Fuori dei casi di cui al comma 1-bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dal comma 1, lettere a) e b).

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